Italiano - La figura dell'Inetto in Italo Svevo

Il primo Novecento è caratterizzato da una profonda crisi del Romanzo Italiano. Il Romanzo moderno risulta un genere nuovo, in grado di rappresentare le inquietudini e la sensibilità di un uomo travolto da una crisi totale e privato dalla possibilità sia di essere che di conoscere oggettivamente la realtà. Al centro della narrazione non vi è l'analisi interiore. I personaggi sono inquieti e in genere si tratta di romanzi in forma autobiografica, in cui il protagonista esamina se stesso ed i suoi atteggiamenti interiori.
Compare così la figura dell'inetto che rappresenta un uomo inadatto alla vita, insoddisfatto, incapace di cogliere i momenti importanti dell'esistenza per approfittarne e goderne; tale figura compare spesso nelle opere di Italo Svevo. La sua poetica, in un certo senso, rientra nel vasto movimento decadentistico.
I temi alla base delle opere di Svevo sono malattia e inettitudine: l'assurdità dei rapporti sociali, la consapevolezza del fallimento, l'inadeguatezza all'esistenza, e la totale imprevedibilità degli eventi. L'incapacità di adeguarsi alla realtà, di prendere decisioni e affrontare problemi caratterizzano la figura dell'inetto, protagonista indiscusso delle opere dell'autore.
L'insicurezza psicologica rende i personaggi di Una Vita, Senilità, e La coscienza di Zeno “incapaci di vivere” in campo amoroso, lavorativo e relazionale. Alfonso Nitti, Emilio Brentani e Zeno Cosini sono dunque intrappolati da una serie di perturbazioni psicologiche. Nel primo romanzo Una Vita, Nitti vive lo scontro tra individuo e società: scappa di fronte all'importante decisione amorosa di impegnarsi con Annetta, ma anche di fronte alla minaccia fisica del duello col fratello di Annetta, suicidandosi. In questo romanzo l'inettitudine viene vista come componente di Alfonso, non una scelta bensì come incapacità inevitabile. Diversamente in Senilità Brentani è confuso dallo scontro tra piacere e realtà: Emilio ama Angiolina, donna poco seria, ma è afflitto dal senso del dovere sociale e morale e non riuscendo a decidersi accetta passivamente l'inettitudine, la sceglie e i suoi desideri restano sogni in quanto si adegua alle convenzioni sociali e alle norme. Nel romanzo La coscienza di Zeno l'inettitudine invece non è associata alla tragicità come nei precedenti romanzi di Svevo. Zeno è inquieto, nevrotico, ma disponibile alle trasformazioni, a sperimentare le più varie forme dell'esistenza, ad esplorare l'affascinante “originalità”, mentre i “sani” sono cristallizzati in una forma rigida e immutabile, e incapaci di evolversi ulteriormente. Alla fine la vita di Zeno è solo relativamente fallimentare, nonostante tutto, al protagonista le cose vanno bene: teme il fumo, ma non ne ha conseguenze; sposa Augusta per ripiego, ma poi scopre di amarla; tradisce la moglie con Carla, ma il suo tradimento non viene mai scoperto; trae profitto dal commercio, e crede di trovare negli affari la soluzione ai suoi problemi psicologici. La forza è la debolezza è di Zeno, tanto da far divenire tutto incerto ed ambiguo, convertendo la "salute" in "malattia". Zeno è dunque personaggio a più facce, fortemente problematico, negativo per un verso, come perfetto campione di falsa coscienza borghese, ma anche positivo, come strumento di straniamento e di conoscenza. Egli sa osservare il mondo dal di fuori, e può criticarlo, evidenziandone i difetti, minando alla base le certezze che lo guidano. La è che la malattia di Zeno in fondo non è una condizione eccezionale e anormale, ma è forse una condizione comune e inalienabile dell'uomo. Zeno, con le sue riflessioni finisce per scoprire che la "salute" degli altri è anch'essa "malattia", e a sovvertire le nozioni di salute e malattia, di forza e debolezza.


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